A me che la mattina, in 45 minuti, mi alzo, lavo, faccio colazione, mi trucco, faccio la piastra, mi vesto, sveglio mia figlia facendole un massaggio o leggendole un libro, la porto in bagno e mentre fa pipì finisco di mettere le scarpe, sistemare la borsa e infilare anelli e bracciali, mettendo la crema per le mani solo dopo averle lavato il viso.
A me che prendo il treno quasi sempre al volo, sia all'andata che al ritorno.
A me che mentre svolgo una faccenda, un lavoro, un compito penso già alla prossima cosa da fare, da approfondire, da sistemare.
A me che parlo sempre al telefono mentre leggo, scrivo, prendo il caffè, cammino.
A me che preparo pranzo e cena così velocemente che mi taglio e brucio sempre le mani.
A me che dimentico anche le cose più banali, non memorizzo orari e avvisi, non ricordo nemmeno cosa ho mangiato o indossato il giorno prima.
A me che non dico mai di no e pur di fare tutto, stramazzo al suolo ma cerco di non mostrarlo.
A me che per ottimizzare i tempi, invento giochi e letture con mia figlia mentre sono sotto la doccia o cucino.
A me che sono stanca, come tutte le mamme al mondo.
A me che oggi penso a te, cara mamma dal cuore infranto, schiacciata da un dolore che mai più ti farà vivere come prima e che, fino a ieri, magari credevi anche tu impossibile pensando "a me non potrebbe mai succedere una cosa del genere!".
A me che di fronte a una storia che purtroppo per noi (si, per NOI e non solo per te) si ripete spesso, soprattutto quando arriva il caldo afoso dell'estate.
A me che non riesco ad avercela con te perché, in realtà, ciò che provo è paura. Paura di essere travolta da un black out mentale che non ti fa pensare a niente, nemmeno alla tua ragione di vita legata a un seggiolino a pochi centimetri da te, mentre in auto raggiungi il posto di lavoro credendo di essere già passata dall'asilo.
A me che credo di aver sentito il tuo grido di dolore, anche se l'ho soltanto letto.
A me che se penso a te, adesso, l'unica parola che mi viene in mente è speranza.
Vivy
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A me che prendo il treno quasi sempre al volo, sia all'andata che al ritorno.
A me che mentre svolgo una faccenda, un lavoro, un compito penso già alla prossima cosa da fare, da approfondire, da sistemare.
A me che parlo sempre al telefono mentre leggo, scrivo, prendo il caffè, cammino.
A me che preparo pranzo e cena così velocemente che mi taglio e brucio sempre le mani.
A me che non dico mai di no e pur di fare tutto, stramazzo al suolo ma cerco di non mostrarlo.
A me che per ottimizzare i tempi, invento giochi e letture con mia figlia mentre sono sotto la doccia o cucino.
A me che sono stanca, come tutte le mamme al mondo.
A me che oggi penso a te, cara mamma dal cuore infranto, schiacciata da un dolore che mai più ti farà vivere come prima e che, fino a ieri, magari credevi anche tu impossibile pensando "a me non potrebbe mai succedere una cosa del genere!".
A me che di fronte a una storia che purtroppo per noi (si, per NOI e non solo per te) si ripete spesso, soprattutto quando arriva il caldo afoso dell'estate.
A me che non riesco ad avercela con te perché, in realtà, ciò che provo è paura. Paura di essere travolta da un black out mentale che non ti fa pensare a niente, nemmeno alla tua ragione di vita legata a un seggiolino a pochi centimetri da te, mentre in auto raggiungi il posto di lavoro credendo di essere già passata dall'asilo.
A me che credo di aver sentito il tuo grido di dolore, anche se l'ho soltanto letto.
A me che se penso a te, adesso, l'unica parola che mi viene in mente è speranza.
Vivy
1 commenti:
Lascia un commentoBrava. Quella mamma ha una tragedia immensa su di sè...l'ha provocata lei stessa e lei ne è al tempo stesso colpevole (per sempre, senza possibile espiazione) e vittima. Una vittima assoluta. Da tragedia greca.