“Mamma, cosa vuoi per il tuo compleanno? Dimmelo, così lo suggerisco al babbo…ahahah… non penserai mica che ci pensi io…” Risata cinica.
Dietro il cinismo il suo amore tormentato per la madre. È
un’adolescente, è già un evento che si sia ricordata del compleanno della sua
mamma, la donna che qualche anno fa più amava al mondo, la donna che ora più
contesta al mondo. Perché se non si contesta la mamma, non si possono superare i
sedici anni. È un dazio da pagare, più per la mamma che per la figlia, in
realtà.
“Voglio un minuto di silenzio” risponde la mamma.
“Un minuto di che? Ma sei macabra, mamma… il minuto di silenzio è
un tributo ai morti celebri… e dai, mamma!” protesta la ragazza.
“Voglio solo un minuto di silenzio, qui, accanto a te, sul
divano, come quando eri piccola e tu, fra le mie braccia, ti lasciavi cullare o
bevevi il mio latte e l’unico suono che ondeggiava nella stanza era il tuo
respiro calmo”.
La figlia resta impietrita, fra l’imbarazzo e la rabbia. Il
silenzio per un’adolescente è un tabù. I rumori interni sono così intensi, gli
ingranaggi del corpo in pubertà sono così attivi, i sentimenti così accecanti e
disordinati che il rumore è una necessità per una ragazza di sedici anni. C’è
bisogno della musica assordante per frastornare le inquietudini del cuore, c’è
bisogno del rombo della moto per sovrastare il turbinio delle insicurezze.
“Per una volta che ho voglia di farti un regalo! Sei
odiosa!” replica la ragazza con stizza. È dura ammettere di non riuscire a
sostenere il peso del silenzio. È più facile insultare che tacere. Avrebbe la
tentazione di scappare dalla stanza, sbattere la porta e andarsene.
“Su, proviamo, solo un minuto, sessanta secondi. Se mi
concedi un minuto di silenzio, potrei addirittura concederti di indossare i
tacchi domani a scuola”.
La madre non ricorre mai a ricatti o scambi. È contro i suoi
principi. Questa volta, però, è disposta a tutto per ottenere quello che vuole.
Ha davvero bisogno di quel minuto di silenzio in cui incontrare, senza
interferenze, lo sguardo della sua bambina, o meglio, di quella persona davanti
a lei che è uno strano miscuglio fra una treenne capricciosa ed una donna
sofisticata. Non trova più le parole opportune per comunicare con lei. Litigano
per nulla, discussioni tonanti che iniziano su cose apparentemente banali ma che
per la figlia sembrano questioni di vita o di morte. È così assolutista quella
ragazza, porta tutto alle estreme conseguenze. Si, la madre ha proprio bisogno di una
tregua da questa guerriglia fra generazioni.
Non riconosce più quella figlia.
La madre vorrebbe chiedere al silenzio di farle percepire l’essenza attuale di sua figlia. Vorrebbe chiedere al silenzio di regalare a sua figlia un po’ di riposo dalle sfide della crescita che lei affronta così spavalda quanto indifesa.
La madre vorrebbe chiedere al silenzio di farle percepire l’essenza attuale di sua figlia. Vorrebbe chiedere al silenzio di regalare a sua figlia un po’ di riposo dalle sfide della crescita che lei affronta così spavalda quanto indifesa.
La ragazza esita, emette un gemito impercettibile simile a
un singhiozzo o ad una risatina nervosa e risponde con aria di sufficienza.
“Okay… ma voglio le tue scarpe rosse col tacco!”.
Finge di cedere alla proposta ma in realtà si arrende alla
nostalgia. Non era poi così male, da bambina, stare seduta sulle gambe della
mamma e lasciarsi accarezzare i capelli, in silenzio, quando la mamma tornava
dal lavoro. Era dolce chiedere alla mamma di sussurrarle una favola per
spezzare il buio della notte, prima di addormentarsi.
Un minuto di silenzio, là, sola con la sua mamma non sarà
poi così lungo, non sarà certo un deporre le armi, solo un time-out.
Ed ecco il silenzio calare fra loro. Tra gli sguardi delle
due donne solo il ticchettio dell’orologio che poi dopo un istante sembra
svanire nel vuoto.
È un silenzio dapprima imbarazzante poi intenso, si carica
di battiti del cuore irrefrenabili. Galoppano i due cuori, li sentono vibrare
sul tessuto dei vestiti. Esaltati dal silenzio, quei battiti, così distanti per
età e velocità, all’improvviso si accordano, come accade fra gli strumenti di
un’orchestra.
Le pupille di entrambe si dilatano, guardarsi in silenzio è
come indossare un paio di occhiali per vedersi meglio. La mamma finalmente
scorge una nota di tenerezza sopravvissuta dietro gli occhi severi di quella
ragazza ribelle. La figlia osserva un’incertezza nei tratti del volto della
madre, una ruga che sottolinea i suoi pensieri, forse le sue preoccupazioni.
E accade: nel silenzio si abbracciano. Restano guancia a guancia un
istante che ha il sapore dell’eternità.
Poi la ragazza improvvisamente si
stacca e fuggendo via, con il suo solito tono sarcastico sogghigna “Hai
promesso, eh! Domani mi presti le scarpe rosse col tacco…”.
La madre ha una guancia umida e calda. Non è sicura di
sapere a chi appartiene quella lacrima.
Sorride. Ha ricevuto un regalo
bellissimo. Un minuto di silenzio che riconcilia. Un minuto di riposo dalla
vita.
Un minuto di vero amore, senza parole, senza musica, solo l'amore vero che nel silenzio si fa melodia.
Ketty
Con questo post partecipo agli esercizi di scrittura del gruppo Aedi digitali. Il tema della settimana è #silenzio.
Con questo post partecipo agli esercizi di scrittura del gruppo Aedi digitali. Il tema della settimana è #silenzio.
5 commenti
Lascia un commentoNon voglio che mia figlia cresca!!!😆😆😆
ReplyFantastico e commovente! Però anche io, come Priscilla, ora ho paura che mio figlio cresca!
ReplyCare,io mi autoincoraggio pensando che l'adolescenza sarà un passaggio necessario ma prima o poi passerà. 😚😊
ReplyCare,io mi autoincoraggio pensando che l'adolescenza sarà un passaggio necessario ma prima o poi passerà. 😚😊
ReplyMi hai fatta piangere...parole bellissime. <3
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