“Dove c’è gentilezza c’è bontà e dove c’è bontà c’è magia” recita il trailer del film “Cenerentola” di Kenneth Branagh.
La premessa mi pareva buona e ho visto il film. Così una fiaba
che consideravo noiosa mi ha provocato definitivamente conati di ribellione.
La scena del mio disappunto principale è nell'epilogo. Il
principe ha finalmente trovato la misteriosa fanciulla e le chiede: “Qual è il
tuo nome?”. Ecco - mi emoziono io - è il momento del riscatto! La ragazza
privata del nome e umiliata dal nomignolo che la riduce a cenere, può
finalmente riappropriarsi della sua identità e dichiarare il nome datole dai
suoi genitori.
Poi la fanciulla apre la boccuccia sorridente e dice: “Sono
Cenerentola, semplicemente Cenerentola!”
Sgomento. Non ci credo, la ragazza ha buttato il suo vero nome
“Ella” per sempre. No, tu non sei “semplicemente Cenerentola”. Tu sei
“semplicemente scema”.
Ragazza, parliamone. Fammi capire la tua strategia di vita.
All'inizio eri la bella fanciulla Ella, amata dai tuoi
genitori e ricca. Purtroppo sei rimasta senza parenti e ridotta in schiavitù da
un’usurpatrice e dalle sue figlie. Così è la vita, può capitare di essere
vittime di eventi contrari.
Ma tu come reagisci alle avversità?
Le subisci. Accetti di essere di una domestica senza diritti
e senza nome. Se lo accettassi perché in fondo pensi di essere felice così, nessun
problema. Ci sono donne che si sentono autenticamente felici in condizione di
subordinazione. Rispettiamo la loro felicità.
Tu, però, si vede subito, canti e balli con i topolini ma
non sei felice. Che disperazione il giorno della festa, quando l’usurpatrice ti
strappa il vestito di dosso e ti costringe a stare a casa!
Ma tu come reagisci all'infelicità?
Piangi.
Finché le lacrime sono acqua di sfogo che lava via i
pensieri tristi, sono addirittura gradevoli. Quando diventano un mare, però,
ci si può affogare.
Tutta questa tua gentilezza priva di amor proprio a me sembra
uno spreco di risorse.
Cortese ragazza, mai pensato di fare le valigie e partire per
cercare nuova fortuna? Mai pensato di rivolgerti a qualche azzeccagarbugli per
riprenderti quel che è tuo? Mai pensato anche soltanto di fare una pernacchia
alle sorellastre quando ti hanno affibbiato il nome Cenerentola?
Ecco, hai mai pensato?
Tu, di tuo, in questa storia cos’hai messo?
Il nome te l’hanno affibbiato.
La carrozza, il vestito e le scarpe di cristallo te li hanno
regalati.
La “prova scarpetta” sono venuti a fartela a domicilio.
Non c’è un briciolo di iniziativa da parte tua, non un
sussulto di immaginazione, non una piroetta di ribellione.
Una cosa ce l’hai messa: il piede. Piccolo, armonico,
affusolato, senza calli. Ecco, la prossima volta, più che il piede potresti
metterci un po’ di cervello, no?!
Lo so, sto un po’
esagerando. In fondo Cenerentola è una fiaba, cristallizzata nei secoli come la
sua scarpetta, così consolidata che neppure
il regista ha voluto reinterpretarla.
Quel che posso reinterpretare però è la
mia storia di donna e, spero, la storia dei miei figli, femmina e maschio, ai
quali ho raccontato di Cenerentola.
La mia visione è questa: né “gentilezza” (alla passiva maniera
di Cenerentola) né “aggressione”.
“Assertività” è la mia parola chiave da qualche anno.
Prendo la definizione da wikipedia: “È assertivo quel comportamento che permette a una persona di agire nel
suo pieno interesse, di difendere il suo punto di vista senza ansia esagerata, di
esprimere con sincerità e disinvoltura i propri sentimenti e
di difendere i suoi diritti senza ignorare quelli altrui».
Mica facile. L’assertività è un grande traguardo. Richiede
determinazione, intelligenza ed esercizio.
Forse l’assertività è una fiaba ma per me è più promettente della
fiaba di Cenerentola.
E voi che ne pensate?
Ketty
P.S.
Questo post nasce da una riflessione lanciata dall'amica
blogger Arianna (autrice dell’interessantissimo blogdeibonzi.it) che un giorno ci ha
chiesto di esprimerci sul #girlpower e, in particolare, se esiste una terza via
per le donne tra la guerra e l'asservimento.
5 commenti
Lascia un commentoNo non è una fiaba, l'assertività è il lavoro continuo, di tutti i santi giorni, di una persona (uomo o donna, bambino o adulto) che voglia far presente ai suoi simili che la sua presenza non è solo tappezzeria e che soprattutto le sue preferenze sono almeno da valutare e tenere in conto.
ReplySi, Federica. Teniamo duro, come dici tu, col lavoro SANTO e PAZIENTE di tutti i giorni.Grazie del tuo commento.
ReplyKetty
L'Assertività è molto probabilmente il traguardo a cui tutti aspiriamo, anche se non tutti lo sanno. E sono fermamente convinta che il successo di una persona in ogni ambito sia propriamente proporzionale al grado di assertività che incarna... Dunque? Cenerentola e l'assertività sono due cose a parte, ma a volte è bello anche sognare nella vita che arrivi una botta di..ehm...fortuna e risolva tutto... E' bello immaginare un pò di magia, insomma... :))
ReplyMi hai comunque fatto sganasciare dal ridere... Meravigliosa!
Il fattore "C", chiamato romanticamente "magia" non ha mai fatto male a nessuno ;-).
ReplySono d'accordo con te.
Penso comunque che un po' di iniziativa personale favorisca la magia. Come dire "aiutati che il ciel t'aiuta!".
Un caro saluto.
Ketty
Anche a me la passività tende sempre a dare fastidio ma come hai detto c'è chi ne fa una scelta, uno stile di vita. Forse Cenerentola fa parte di quella categoria (non riesce ad essere cattiva neppure quando si riscatta e potrebbe mandare a quel paese matrigna e sorellastre..).
ReplyOppure, come diceva Kit a Vivian in Pretty woman "...quella gran C di Cenerentola!", le è andata bene!!
Buona giornata!